ADRIANO OLIVETTI-(1901-1960)

ADRIANO OLIVETTI-(1901-1960)

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«Questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno».

Adriano Olivetti è una delle persone di cui andare più orgogliosi in Italia: un imprenditore talmente rivoluzionario e avanti con i tempi per la sua epoca da risultare incredibilmente attuale.

Da ragazzo iniziò a lavorare come operaio nella fabbrica fondata dal padre (la celebre Olivetti, appunto), per poi andare negli USA a studiare e visitare molte fabbriche . È lì che si rese conto di quanto fosse importante dotarsi di metodi scientifici di organizzazione del lavoro .

Un pensiero formato, quindi, da un vero e proprio mix di pratica diretta, esperienza sul campo e studio delle più moderne idee sull’industrializzazione.

È questo che lo portò a porre le basi per produrre veri e propri oggetti di culto e modernità, come la pluripremiata macchina da scrivere portatile “Olivetti Lettera 22“, fino a giungere ai primi calcolatori elettronici (nient’altro che computer), come “ELEA 9003“, e a ricevere premi come quello dalla National Management Association di New York del 1957, per “l’azione di avanguardia nel campo della direzione aziendale internazionale”.

Una visione completamente contro-corrente, un’intuizione fuori dal comune, un pensiero creativo fuori dagli schemi, ecco cos’era Adriano Olivetti, che qualcuno definiva una persona dalle idee utopistiche, affermazione a cui però rispondeva così:

«Beh, ecco, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande».

Il pensiero di Olivetti sull’attività di un’impresa

Con studi dedicati a letture di pensatori liberali, Adriano Olivetti elaborò un pensiero del tutto originale e insolito, in cui l’attività di un’impresa non doveva assicurare solo buoni profitti, ma anche realizzare lo sviluppo sociale, culturale e umano di chi ci lavorava, rispettando ogni individualità e aspirazione.

Ecco così che il celebre imprenditore italiano riuscì a creare nel secondo dopoguerra italiano un’esperienza di fabbrica unica al mondo, in un periodo in cui si fronteggiavano capitalismo e comunismo. L’intento era creare un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, creando le condizioni di benessere materiale e spirituale per il lavoratore.La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria , produzione e cultura.Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?

Il valore del lavoro, l’idea di comunità

La vita nella fabbrica Olivetti era diversa da qualsiasi altra fabbrica italiana, con un’organizzazione del lavoro che comprendeva un’idea di felicità collettiva che automaticamente creava efficienza ed entusiasmo nei lavoratori.Adriano Olivetti aveva infatti creato un completo sistema di servizi sociali per i lavoratori, che comprendeva quartieri residenziali, ambulatori medici, asili, mensa, biblioteca e cinema gratuiti, convenzioni aperte con diverse attività, assenza di divisione netta tra operai e dirigenti Inoltre si era impegnato a ridurre le ore della giornata lavorativa mantenendo invariato il salario.

L’azienda, poi, accoglieva anche artisti, scrittori, disegnatori e poeti, poiché si riteneva che la fabbrica avesse anche bisogno di persone in grado di arricchire il lavoro con creatività e sensibilità. Tutto ciò portò a un consistente aumento della produttività e della qualità del lavoro.

Alla base di tutto c’è l’idea di comunità, definita da Olivetti come l’unica via da seguire per superare la separazione tra industria e agricoltura, tra produzione e cultura.La sua idea andava verso la creazione di una fondazione che potesse riunire azionisti, enti pubblici, università e rappresentanze dei lavoratori, in modo da eliminare qualsiasi tipo di differenza e considerare l’idea di comunità come obiettivo. Proprio per questo, in virtù anche delle sue esperienze personali, Adriano Olivetti considerava qualsiasi tipo di lavoro come fondamentale, a partire da quello dell’operaio.

«E voglio anche ricordare come in questa fabbrica, in questi anni, non abbiamo mai chiesto a nessuno a quale fede religiosa crèdesse, in quale partito militasse o ancora da quale regione d’Italia egli e la sua famiglia provenisse».

Olivetti

 

«Conoscevo la monotonia terribile e il peso dei gesti ripetuti all’infinito davanti a un trapano o a una pressa, e sapevo che era necessario togliere l’uomo da questa degradante schiavitù. Bisognava dare consapevolezza di fini al lavoro».

«La fabbrica fu concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza».

«Percorsi rapidamente, in virtù del privilegio di essere il figlio del principale, una carriera che altri, sebbene più dotati di me, non avrebbero mai percorsa. Imparai i pericoli degli avanzamenti troppo rapidi, l’assurdo delle posizioni provenienti dall’alto».

«Io vorrei che lei capisse il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri».

«Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo».

 

Adriano Olivetti

Il progresso, la bellezza, il futuro

Adriano Olivetti non fu solo un imprenditore con idee innovative dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro. Alla guida dell’impresa di famiglia, portò sempre grande eccellenza tecnologica, apertura verso l’internazionalità, cura del design industriale, oltre a continue novità e a grande innovazione nei prodotti . Il suo pensiero fu talmente rivoluzionario da sembrare spaventosamente attuale, anche dal punto di vista del design, della comunicazione, del concetto di “bello”. Molti aspetti in ambito di business comuni ai giorni nostri, infatti, come la comunicazione, la cura e lo sviluppo di un marchio,  la grafica, lo studio della sociologia e della psicologia lavorativa, vennero introdotti da Adriano Olivetti ben prima degli anni Sessanta in tutti gli stabilimenti e gli store Olivetti in Italia e all’estero.  Chi opera secondo giustizia opera bene e apre la strada al progresso. Chi opera secondo carità segue l’impulso del cuore e fa altrettanto bene, ma non elimina le cause del male che trovano luogo nell’umana ingiustizia.

«Io voglio che la Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita. Voglio che produca libertà e bellezza perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci come essere felici!».

«La bellezza, insieme all’amore, la verità e la giustizia, rappresenta un’autentica promozione spirituale. Gli uomini, le ideologie, gli stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltà».

Olivetti Store

Un negozio Olivetti degli anni Sessanta. Praticamente un Apple Store del Nuovo Millennio, più di 50 anni fa.

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