ECOCRITICISMO: l’ecologia letteraria

ECOCRITICISMO: l’ecologia letteraria

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“Quando le generazioni future giudicheranno coloro che sono venuti prima di loro sulle questioni ambientali, potranno arrivare alla conclusione che questi ‘non sapevano’: speriamo di non passare alla storia come la generazione che sapeva, ma non si è preoccupata”.
Mikhail Gorbaciov

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Nuovi orizzonti: l’ecologia letteraria

L’Ecocriticismo, ecocritica o ecologia letteraria, è un filone di studi letterari che nasce negli Stati Uniti tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta del secolo scorso. A coniare il termine è William Rueckert nel suo saggio del 1978 “Literature and Ecology: an experiment in Ecocriticism”, e appare prima nel 1972 nel libro di Joseph Meeker “The comedy of Survival: Studies in Literary Ecology”. Meeker definiva l’ecologia letteraria, come disciplina che associa le tematiche biologiche alle opere letterarie. Fondamentale è “scoprire qual è il ruolo giocato dalla letteratura nell’ecologia della specie umana” . Lo scopo di questa materia è, perciò, quello di studiare il ruolo della letteratura nell’educazione all’ambiente e il modo in cui essa influisce sulla sopravvivenza dell’ambiente umano e non umano. Joseph Meeker, pioniere del movimento ecocritico moderno, riteneva che, essendo la creazione letteraria una facoltà propria della specie umana, il compito degli studiosi dovesse essere quello di esaminarla, per scoprire come essa sia in grado di influenzare il comportamento umano e l’ambiente naturale;  determinare quale ruolo giocasse nella sopravvivenza del genere umano;  come si creasse una consapevolezza verso le crisi ambientali. Ciò comporta il ripensare l’obiettivo stesso dell’insegnamento della letteratura, conferendole la forma di una nuova pedagogia sociale. Grazie all’iniziativa di alcuni studiosi di letteratura americana, come Cheryll Burgess Glotfelty, Scott Slovic, Glen LovePatrick Murphy, Lawrence Buell si dà alla piena definizione e visibilità della disciplina soltanto a fine decennio. Questi autori partirono da un’interpretazione “ecologica” dei testi letterari che consentisse di acquisire e trasmettere una coscienza critica del rapporto tra essere umano – ambiente, così analizzando in maniera etico – educativa: “la funzione più importante della letteratura oggi è di contribuire a creare una consapevolezza umana verso una piena considerazione del suo posto in un mondo minacciato”.  Ecocriticismo è dunque lo studio delle “interconnessioni tra natura e cultura, e specificatamente degli artefatti culturali di linguaggio e letteratura”.  Qualche anno più tardi Lawrence Buell, titolare della cattedra di Letteratura americana presso la Harvard University e autore, tra gli altri, del testo “The Future of Environmental Criticism: Environmental Crisis and Literary Imaginations” (2005), diede della disciplina dell’ecocritica una descrizione che a tutt’oggi rimane probabilmente la più autentica e completa. Secondo Buell, inizialmente l’ecocritica riguardava varie forme del “nature writing”: la poesia della natura, il saggio naturalistico, la narrativa della frontiera, il romanzo della wilderness. Soltanto successivamente si iniziò ad estendere lo spettro d’azione, e a dare valore a qualsiasi contesto ambientale, come potenzialmente idoneo per il progetto ecocritico. Non sarebbe corretto adottare la prospettiva della sola letteratura che parli di luoghi rurali e selvaggi. Ogni tipologia di ambiente – le aree urbane, suburbane, i villaggi, le zone agricole e quelle industriali, la terraferma e gli ambienti marittimi, gli interni e gli esterni – è foriera di spunti e promettente per la ricerca ecocritica. Perciò, “nel senso più ampio possibile, l’oggetto dell’ecocritica dovrebbe essere l’intera gamma dei modi in cui letteratura, (ma anche le arti) ha concepito il rapporto tra gli esseri umani e il loro ambiente fisico.”  Ecco che le possibilità dell’ecocritica risultano essere davvero vaste, in quanto il panorama spazia da tutti i tipi di ambiente e tutte le forme di vita. Inoltre qualunque genere letterario si rivela significativo: la poesia, la narrativa, il teatro, la saggistica. In teoria, nessuna opera dell’immaginazione mai creata si dimostra irrilevante, perché “l’interdipendenza del corpo e della mente umana con l’ambiente fisico precede qualunque atto dell’abilità o dell’invenzione umana”.  Non è un caso, come accennato poc’anzi, che tale disciplina sia nata in un momento, gli anni Settanta, in cui cominciava a configurarsi la crisi ecologica che si aggrava sempre più, in un momento nel quale gli studiosi statunitensi cominciavano a prendere coscienza dei cambiamenti in atto e, conseguentemente, a chiedersi quali strumenti la cultura avesse da offrire per fronteggiare tale crisi. Gli studiosi, in particolare, sostenevano l’idea di un’ educazione ambientale che non si fondasse soltanto sull’apporto di conoscenze fornite dalla tecnica e dalla scienza, considerate discipline troppo lontane per raggiungere con il loro messaggio l’intera umanità. Queste riflessioni non erano solo un formalismo accademico, ma il tentativo di rendere partecipi per portare all’attenzione della cittadinanza tutta una serie di fattori che interessano il pianeta e gli esseri umani. In tal senso l’ecocriticismo si configura come una chiave interpretativa di opere letterarie quali strumenti di educazione, non limitandosi ad essere soltanto esercizio teorico, ma una vera e propria forma di attivismo culturale, un movimento organizzato, una critica militante, uno strumento anti-ideologico che plasmi la consapevolezza dei lettori alla vita e ai cambiamenti della società contemporanea. In altre termini, gli studiosi di ecologia non studiano solamente i testi per definire come essi rappresentino l’ambiente naturale e i rapporti tra esseri umani e ambiente, ma cercano di sollecitare una presa di coscienza che spinga al cambiamento e ad una maggiore consapevolezza delle questioni ecologiche che riguardano l’ambiente. Fin dalla nascita dell’ecocritica, gli studiosi proposero una molteplicità di vedute e di letture che è sempre stata vista come segnale di “diversità culturale che costituisce una parte necessaria della diversità umana e di ogni altra diversità biologica”.  Questa eterogeneità concerne non solo le considerazioni e gli spunti pratici che gli studiosi di ecocritica estrapolano dallo studio dei testi letterari, ma riguarda la natura stessa dei testi sottoposti a rilettura. Come ha scritto Lawrence Buell, strettamente legato all’ecocriticismo c’è un genere letterario che ha individuato negli autori inglesi e americani la sua rappresentazione migliore, cioè la cosiddetta nature writing, una produzione molto variegata che spazia dalla narrativa, alla saggistica e alla poesia. La scrittura ambientale è mossa da due intenti principali:  un intento “epistemologico”, volto a creare nel lettore consapevolezza dei problemi del rapporto tra umanità e natura;  un intento “politico”, che consiste nell’adozione di tecniche retoriche che inducano a sviluppare nuovi atteggiamenti nei confronti dell’ambiente e delle forme di vita non umane. L’obiettivo principale di questo tipo di scrittura è quello di ispirare nel lettore la coscienza l’idea dell’interdipendenza tra le varie forme di vita. Tra gli autori fondamentali possiamo annoverare Henry David Thoreau (1817-1862), John Muir (1838-1914), Leopold (1887-1948) e Jack London (1876-1916). Si tratta di autori definiti proto-ecologisti che nei loro testi hanno dato largo spazio al recupero di un rapporto originario con la Natura attraverso la frequentazione assidua, mettendo le basi del concetto di educazione ambientale. Tuttavia, se si supera l’elenco, alla ricerca di autori e di opere non legate a un discorso puramente ambientalista, il terreno potenziale dell’interpretazione ecocritica si ampia di molto. Nel merito, Iovino, citando Scott Slovic, afferma che “non esiste una sola opera letteraria che non possa essere fatta oggetto di interpretazione ecocritica”.  Ecco che lo spettro si estende di molto, a comprendere in extremis, ogni genere di produzione letteraria. Così le analisi ecocritiche possono con pertinenza indagare il modo in cui la letteratura si fa espressione dei conflitti socio-ecologici, delle discriminazioni ambientali (razzismo e classismo ambientale) e anche delle problematiche legate alle differenze (di specie, di genere, di etnia, di abilità). Studi dedicati a intersezioni tematiche e prospettiche sono sempre più numerose. I metodi adottati dall’ecocriticismo, seguono due tendenze: una linea storico-ermeneutica e una linea etico-pedagogica. La prima tenta di costruire l’immagine culturale della natura o del rapporto umanità/natura che l’autore inserisce nella sua opera, conformandosi all’ideologia dominante del periodo storico in cui vive o distaccandosi da essa. Questa prospettiva permette di motivare la crisi ecologica risalendo alle sue concause storiche e soffermandosi sulla sua evoluzione in termini culturali. Critici letterari come Lawrence Buell, Jonathan Bate, David Mazel, Terry Gifford hanno fornito interessanti letture di Thoreau, di Emerson, dei romantici inglesi, di John Muir, dell’ideale arcadico. La seconda linea, vede nel testo letterario uno strumento di alfabetizzazione ambientale, un approccio al testo volto a scandagliare potenzialità etico-educative, mostrando di volta in volta i valori di cui il testo stesso si fa portavoce in relazione alle problematiche dell’etica ambientale. Entrambe queste modalità concepiscono il testo come veicolo di valori ecologici, sui quali formare una solida coscienza. Pertanto, dunque, questa “pedagogia della speranza”, come viene definita da Ernst Bloch, presuppone una collaborazione tra principi teorici e impegno politico: in pieno spirito ecologico prevale l’idea di collaborazione e di osmosi di idee, visibile nelle varie associazioni di studi ecocritici. La maggiore di queste è l’ASLE (Association for the Study of Literature and Environment) fondata nel 1992, a cui fa capo una rivista, Interdisciplinary Studies in Literature and Environment (ISLE), pubblicata dalla primavera del 1993. ASLE fu fondata nel 1992 da un gruppo di studenti e scrittori interessati all’esplorazione del significato dell’ambiente naturale e della complessità delle relazioni umane con gli altri, e all’approfondimento dell’impatto di queste esplorazioni. Essa si occupa di promuovere la ricerca, l’istruzione, la letteratura e le arti, in una visione di giustizia ambientale e di sostenibilità ecologica.  L’ecocritica nasce come espressione della sensibilità naturalistica anglo-americana, e la sua culla primigenia sono gli Stati Uniti, laddove l’identità nazionale è plasmata su valori quali la relazione con la natura selvaggia e lo sviluppo industriale. L’intrecciarsi di natura e industria è una tematica romantica e tardo-illuministica: perciò questo genere di studi incontrò maggiormente interesse in paesi in cui questi fenomeni storico-culturali sono stati più incisivi, come l’Inghilterra e la Germania. Nel panorama italiano questo interesse è, per ora, meno impellente. Le ragioni sono da ricercarsi nella scarsa educazione ai problemi ambientali, in una certa diffidenza verso il “nuovo”, preferendo un approccio consolidato alle discipline, specie quelle umanistiche. Questo risulta essere ancor più comprensibile se si considera che l’ecocritica va a scardinare non soltanto le categorie consolidate della critica letteraria, ma anche lo statuto accademico, poco incline a relazioni trasversali.

La svolta ambientalista nella critica letteraria

La letteratura molto può fare per influenzare un’idea di sviluppo sostenibile. La cultura,  in quanto strategia di sopravvivenza, ci aiuta a non disperdere la nostra memoria, a progettare la permanenza delle nostre idee, e anche a prendere le distanze, se necessario, da tradizioni che cospirano contro la nostra sopravvivenza anziché favorirla. La cultura di cui è portatrice l’ecocritica vuole essere una cultura della sostenibilità,  in grado di trasmettere una valenza educativa e di orientare la cultura in maniera costruttiva, attraverso le immagini creative che la letteratura offre. Ecco che l’ecocritica grazie alla sua visione, si fa strumento per questa importante finalità. La sua prospettiva ampia presuppone una visione etica: “l’ecocritica infatti, nasce proprio con la finalità di fare entrare le questioni ambientali nell’ottica della critica letteraria, esattamente come era accaduto per i diritti civili, per le battaglie femministe, per le questioni post-coloniali”.  Nell’interpretazione di un testo letterario si intersecano almeno quattro tipologie di dimensioni del paesaggio e dell’ambiente. La prima sfera è il paesaggio fisico presentato nel testo, perciò non solo l’ambientazione, ma anche le strategie della rappresentazione, le interdipendenze tra esseri umani e ambiente fisico, e altri esseri viventi. Molti e scenari, per esempio, possono essere descritti mediante giustapposizione o contrasto. La seconda dimensione delle opere letterarie è l’ambiente implicito dell’autore, che può essere ricostruito o ipotizzato a partire da ciò che sappiamo della sua vita e della sua opera. Per esempio, che legame esiste tra luogo e autore, tra dati biografici e testi delle singole opere. Una terza coordinata ambientale è costituita dalle più ampie forme intertestuali e culturali che sottendono il testo. Infine, una quarta componente è la scena della ricezione, vale a dire i presupposti con cui i lettori si approcciano al testo. L’accoglienza comporta sempre un dialogo o “un’interazione tra le idee della storia e l’etica dell’ambiente che i lettori portano nel testo, e il testo stesso riporta”.  L’importanza della letteratura e delle arti, non meno di altre discipline, risulta fondamentale alla costruzione di un dialogo. Un dialogo che alimenti immaginazione e valori culturali, individuali e collettivi, capaci di formare e plasmare una coscienza ecologica. La strategia di sopravvivenza, prevede una compresenza di umanità e natura in prospettiva ecologica reciproca e unitaria. Per riprendere Edgar Morin, è necessario un invito ad un esame di coscienza individuale e collettivo, per riaccendere la speranza e comprendere la comunanza di destino che lega le vite della natura e quelle dell’umanità in maniera indissolubile. “La tecnica da sola non basterà a risolvere i problemi. Per raggiungere il patto ecologico, bisogna che ognuno li prenda a cuore, nel senso emozionale e passionale del termine, poiché ognuno porta con sé una parte di responsabilità”.  In questa idea di coscienza ecologica, e di attivismo al cambiamento, se la crisi ecologica è essenzialmente una crisi culturale, è necessario pertanto, progredire verso una forma “evoluta” di cultura. Vanno perciò modificati i modelli culturali, le gerarchie di valori, gli impianti teorici, ovvero il modo di vedere il mondo e i soggetti non umani. In una parola, la cultura esistente. Per abbracciarne un’altra rinnovata, fatta di conoscenza e responsabilità, a servizio reciproco: una forma di cultura, cioè, che non solo ci permetta di sopravvivere, ma che cerchi di far passare il messaggio che l’essere umano in quanto specie, può sopravvivere soltanto se è accompagnato da forme di vita non umane. La strategia di sopravvivenza costituita da questa cultura prevede un’esistenza congiunta di umanità e natura in un’ottica ecologica, della compresenza rispettosa. Riuscire a vedere la cultura come strategia di sopravvivenza è la premessa tacita di ogni etica ambientale. In quanto forma artistica – culturale, ecco che la letteratura presenta assieme alle altre discipline “tradizionali”, un potenziale reale per leggere in ottica etico – ambientale i testi, contribuendo alla formazione di forme culturali e della visione etico – ecologica, spiegata sopra. L’ecocriticismo ha acquisito le tematiche dell’etica ambientale, rapportandosi non più soltanto ai testi letterari di argomento ambientale o naturalistico, ma estendendosi anche a tutto lo spettro delle questioni ecologiche che possono essere oggetto di rappresentazione, assumendo pertanto i connotati di interdisciplinarietà e di approccio comparatistico. Così l’ecocriticismo è diventato un discorso critico in cui le istanze della critica letteraria si mescolano con quelle dell’etica ambientale, degli studi sociali ed economici, delle scienze naturali. Sempre più diventa lo strumento attraverso cui l’etica ambientale, le sue analisi e i suoi dibattiti, si esercitano criticamente sui prodotti della cultura, costituendo una sinergia etico-culturale.

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