L’ABBAZIA DI CASSINELLE NELL’ALTA VALLE DEL CHIARAVAGNA

L’ABBAZIA DI CASSINELLE NELL’ALTA VALLE DEL CHIARAVAGNA


di Lorenzo Bisio, storico dell’arte

 

Non molti penso conoscano quest’antico sito fra le colline di una valle periferica del Ponente cittadino, la valle del torrente Chiaravagna, che sfocia a Sestri Ponente. Vi sorgono i ruderi dell’antica abbazia di Cassinelle il cui toponimo deriverebbe, secondo gli studiosi, dalla voce dialettale “cascinelle” per la presenza in zona di cascinali ed edifici rustici. Incuriosisce la sua ubicazione in questa vallata, ma uno studio sugli antichi percorsi ci porta a capire che sorgeva su una via di collegamento abbastanza importante tra Genovesato e Oltregiogo verso la città di Alessandria.

 Cassinelle nel 1974

Quello che oggi è poco più che un sentiero era una volta un tracciato percorso da viaggiatori e mercanti con i loro muli; dall’abbazia infatti, attraverso il valico di Lencisa e i piani di Praglia, si arriva alle Capanne di Marcarolo tra la Valle Stura e il torrente Gorzente, fino alla pianura.
Posta quindi in un luogo strategico, su un’arteria importante per il commercio col Piemonte era dotata di infrastrutture per accogliere i viandanti, fungendo anche da Hospitale e stazione di posta.

 Foto d’epoca

Le cronache riportano che già nel XIII secolo risultava esistente una comunità di eremiti che viveva nelle vicinanze, in località Timone e riceveva oblazioni e lasciti da parte di benefattori.
Il testamento di Giovanna Del Canto, ad esempio, redatto dal notaio Giovanni Corsio il 30 gennaio 1267, cita un lascito di dieci soldi alla comunità dei frati eremiti; questa comunità divenne nota nel 1299 col nome di Fratelli di Santa Maria di Cassinelle e nel 1308 si unì all’ordine dei Canonici Regolari di Santa Croce di Mortara.
Un articolo del “Giornale degli studiosi di lettere, scienze, arti e mestieri” del 1871 ci dice che nell’ottobre del 1308 venne completata la costruzione della chiesa da parte di alcuni frati lunigianesi, dei quali vengono riportati i nomi su una lapide, oggi scomparsa, che era posta sul lato sinistro della chiesa: il priore Benedetto di Rico, Benvenuto, Manfredo e Giovanni.
Il complesso monastico assunse una certa importanza come testimonia la presenza di una tomba ad arcosolio eretta dalla famiglia Grimaldi nel 1332 sul lato sinistro della facciata, che riporta l’iscrizione MCCCXXXII DIE XV/JULII S. DNE MS DE GRIMALDI / ET HEREDUM SUORUM (1332 15 luglio per Ms Grimaldi e i suoi eredi).
Questo particolare sepolcro era costituito da un’arcata a sesto acuto a fasce bianche e nere, era sostenuto da tre coppie di colonnine ai due lati che poggiavano sull’arca sepolcrale decorata esternamente con formelle marmoree a rilievi geometrico-vegetali.
A partire dal 1451 l’abbazia cominciò a perdere importanza e a decadere, vi fu il passaggio dall’ordine Mortariense a quello Benedettino entrando a far parte del patrimonio del convento di San Nicolò del Boschetto per poi arrivare ad essere gestito dal clero secolare, quando la famiglia Fieschi subentrò in qualità di commendatari dell’abbazia.
Durante l’insurrezione di Genova contro gli austriaci nel 1746 la chiesa venne saccheggiata e ne venne asportata la campana; nel 1861 a seguito delle soppressioni sabaude degli ordini religiosi e degli espropri dei beni ecclesiastici venne messa in vendita con asta pubblica, venendo infine acquistata dalla famiglia Conte proprietaria delle cave della zona.
I fratelli Conte trasformarono il complesso in dimora per la villeggiatura, ristrutturando gli edifici esistenti e costruendone altri, riportarono inoltre la chiesa all’antico splendore e adibendo la cripta a tomba di famiglia, arricchendola di arredi e dipinti.
A seguito della rinuncia della signora Rita Marini vedova Conte all’eredità del marito, tutto il complesso tornò al Demanio e fu abbandonato alla più completa incuria: la chiesa e la cripta vennero vandalizzate a più riprese e spogliate delle lapidi e degli altri elementi architettonici, tra i quali la tomba ad arcosolio dei Grimaldi, della quale oggi non rimane che l’arcata superiore.
Purtroppo la spoliazione di questa tomba è una grave perdita per il patrimonio storico artistico del ponente genovese, infatti tombe di tale pregio e di documentata antichità sono molto rare esistendone solo pochissimi esemplari, ad esempio quella presso la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, quella della basilica di Santa Maria delle Vigne in centro a Genova e quelle di San Paragorio a Noli.
La chiesa si presenta, per quel che ne resta, a navata unica con campanile a vela, aveva un unico altare in stile neoclassico ed era coperta da una volta a botte lunettata, in canniccio, ancora parzialmente visibile alla fine degli anni settanta, la cripta sottostante era dotata di due altari e conservava le spoglie dei membri della famiglia Conte, ora trasportate altrove a causa dei ripetuti vandalismi.
Tutto il complesso è ridotto purtroppo in una serie di ruderi pericolanti ma è una testimonianza importante ed emblematica delle fasi di incuria e degrado, fino alla totale perdita, cui sono andati e vanno incontro importanti testimonianze storico artistiche del nostro patrimonio.

 

IMMAGINI DELLA DEVASTAZIONE ATTUALE

  La chiesa com’era…. 

 …..e com’è oggi