SE IL TESTO DIVENTA IMMAGINE

SE IL TESTO DIVENTA IMMAGINE

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Raccontare un’immagine (non necessariamente una fotografia ) permette di intrecciare due modalità espressive diverse ma parallele: il linguaggio visivo fatto di linee, colore, luce, spazio, volume, composizione dell’immagine, e quello verbale fatto di frasi, figure retoriche, ritmo, aggettivi, avverbi etc.

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Alcuni tipi di scrittura, come quella araba, quella cinese o quella giapponese, si prestano in modo particolare ad essere osservate per le loro caratteristiche estetiche. Scrivere con queste calligrafie è già di per sé una forma d’arte.

Il nostro alfabeto, se da un lato proviene dagli ideogrammi, non ha la stessa immediatezza visiva delle grafie orientali. Tuttavia, nella disposizione delle lettere si può realizzare una composizione figurativa.

Questo avveniva fin dall’epoca classica con i cosiddetti Carmina figurata e poi, nel XX secolo con i calligrammi e le poesie visuali.

Si tratta di testi poetici distribuiti lungo un’immagine legata al contenuto stesso. Uno dei più famosi autori di calligrammi è stato il poeta francese Guillaume Apollinaire (è celebre quello a forma di torre Eiffel del 1918 con cui manda saluti dalla Francia).

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Degli stessi anni sono altre forme di testi visivi nei quali interviene anche l’effetto onomatopeico delle parole. È il caso delle Parole in libertà (o Parolibere) di Filippo Tommaso Marinetti, il poeta futurista autore del celebreZang Tumb Tumb.

Si tratta di un esperimento che aprirà nuovi orizzonti alla letteratura e alla grafica. Le parole non hanno più neanche un significato vero e proprio, evocano rumoriboatisibili di proiettili in un incredibile effetto sinestetico.

Qualcosa del genere ha fatto anche il creativo indiano Kapil Bhagat che ha reinterpretato i nomi dei maggiori scienziati esprimendone in chiave grafica il settore di ricerca.

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Ma torniamo all’inizio del Novecento, quando un altro artista, Paul Klee, partendo dalla pittura giungeva alla scrittura in modo completamente diverso creando, in questo caso, un rapporto tra testo, forme e colori.

L’opera più interessante da questo punto di vista è Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte, una poesia scritta in tedesco dallo stesso pittore nel 1918 e rappresentata con un delicato acquerello.

Ogni lettera è inserita in un quadrato, a sua volta suddiviso in altre forme geometriche dalla lettera che contiene. Le varie parti hanno colorazioni diverse, tali da far percepire come figura lo sfondo dietro ogni lettera.

Le scelte cromatiche variano in base ai concetti espressi nel testo, così al grigiore della notte corrispondono dei toni spenti, al fuoco fa riscontro una dominante rossa, al blu una prevalenza di toni freddi Negli anni Trenta Klee porta alle estreme conseguenze il rapporto tra testo e immagine inventando i cosiddetti pseudo-grafemi, segni minimi di un nuovo alfabeto primitivo, incontaminato ma altamente espressivo (e non a caso ricorda tanto le scritture orientali).

Negli anni Venti, intanto, era esploso il fenomeno Dada, con la sua dirompente creatività, che coinvolse, naturalmente, anche la grafica e la letteratura. Sembrano parolibere anche quelle di Tzara, Ball e Hausmann ma in questo caso non si cerca un nuovo significato, anzi è meglio che non ce ne sia più alcuno!

Ecco, infatti, la ricetta che scrive Tristan Tzara per creare una poesia dadaista:

“Prendete un giornale. Prendete un paio di forbici. Scegliete dal giornale un articolo che abbia la lunghezza che volete dare alla vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Tagliate poi con cura tutte le parole dell’articolo e mettetele in un sacchetto. Agitate con dolcezza ed estraetele collocandole nell’ordine di estrazione. Copiatele con coscienza; la poesia vi assomiglierà e sarete diventato ‘uno scrittore molto originale’ “.

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Per ritrovare lo stesso interesse per il testo-immagine occorre aspettare altri trent’anni fino alla nascita dell’arte concettuale, una corrente degli anni Sessanta che mette al centro dell’espressione artistica un ragionamento estetico, spesso autoreferenziale.

Con Joseph KosuthMario MerzBruce Nauman e Maurizio Nannucci fanno la loro prima comparsa i testi al neon. Frasi che spesso descrivono solo se stesse ma che nella loro luminosità diventano oggetti astrattiimmagini fluttuanti nello spazio, vere opere visive.

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Più vicino alla poetica dell’acquerello di Klee è il lavoro di Alighiero Boetti. I suoi splendidi tessuti ricamati, realizzati negli anni Ottanta, sono griglie geometriche di lettere colorate nelle quali, però, solo poche sequenze hanno un senso anche verbale.

Nell’opera qui sotto, ad esempio, l’autore si “firma” lungo la cornice con tanto di data e  luogo, ma il resto delle lettere non parrebbero essere collegate. Sembra quasi un crucipuzzle in versione artistica…

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Operazione completamente diversa è quella che fa Emilio Isgrò con le sue cancellature. L’operazione artistica, semplicissima, consiste nella cancellazione di quasi tutte le parole in una pagina tale che quelle rimaste producano un nuovo senso e le strisce nere creino una composizione geometrica astratta.

Tutto cominciò nel 1962, quando correggendo delle bozze, Isgrò si ritrovò alla fine tra le mani un aggrovigliato insieme di segni e correzioni, episodio che così descrive: ”Un mare di cancellature, il cui peso era più forte delle parole”.

È molto simile il lavoro di Anna Rosa Faina Gavazzi, artista che conosciamo soprattutto per “Expédition nocturne n° 1”, l’opera cancellata che si trova alle spalle di Philippe Daverio nella trasmissione Passepartout.

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Questa tecnica, che a prima vista sembra qualcosa di aridamente concettuale, può diventare un gioco estremamente creativo da fare anche a scuola.

 

Ecco come procedere: prendete una pagina di testo senza immagini (magari fate la fotocopia…), individuate alcune parole che possano dare un nuovo senso al testo scritto, in pratica una poesia nascosta, completate con cancellature e immagini che possano esplicitare il significato acquisito.